GIUSEPPE COLACURCIO
(S.Stefano del Sole 15 giugno 1855 – Napoli 21 luglio 1920)
Settimo di 12 figli, Giuseppe Colacurcio nacque a S.Stefano di Principato Ulteriore, il 15 giugno 1855 da Nicola Colacurcio e Marianna de Feo. Il padre era stato “Erario” del Barone Serafino Zamagna, ultimo feudatario del paese, nell’epoca in cui, la soppressione del feudo aveva rimesso sul mercato molti beni al cui possesso aspiravano le famiglie borghesi della zona. Aveva anche gestito i terreni per conto della Curia di Avellino. La famiglia della mamma aveva amministrato, per anni, i fondi del Marchese Gesualdo e, spariti i feudi, inserito i suoi esponenti nei principali gangli della nuova vita amministrativa ed ecclesiastica.
Tre fratelli di Giuseppe, Arcangelo, Luigi ed Achille, saranno sindaci del paese. Il primo, rimasto celibe, si trasferirà a Castellammare di Stabia dove eserciterà, brillantemente e con passione, la professione di medico- ginecologo, fino alla morte avvenuta il 23 dicembre 1920. Delle sorelle, Tommasina sposerà il notaio di Avellino Clemente Visconti ed Emilia il Cav. Vito vingo, farmacista e famoso sindaco del paese.
Giuseppe mostrerà, fin da piccolo, un’indole riflessiva che lo porterà ad isolarsi per dedicarsi alla lettura e allo studio. Non ancora quindicenne spende molto del suo tempo per ricercare documenti e notizie sulla storia di S. Stefano del Sole. L’Arciprete del paese, Don Giuseppe Piemonte, nel 1867, gli fa da padrino di cresima e ne segue il percorso vocazionale.
Entrato nel seminario di Avellino, diventa sacerdote nel 1879 e Padre Spirituale della locale Confraternita del Sacro Cuore di Gesù e SS. Annunziata.
L’anno dopo fa la sua prima esperienza d’insegnamento nella scuola elementare, come coadiutore del maestro Conte. Laureatosi in filosofia all’Università di Napoli, insegna, per tre anni, nel Seminario di Avellino. Ma l’ambiente del paese gli “sta stretto”. Si trasferisce a Roma dove frequenta la neonata Accademia Tomistica voluta da Leone XIII (Enciclica Aeterni Patris del 4 agosto 1879), allo scopo di riportare in auge la filosofia Scolastica di S. Tommaso, assumendola a via maestra per arginare la penetrazione della filosofia moderna nei Seminari. Filosofia che, di lì a poco, prenderà il nome di Modernismo. Don Giueppe Colacurcio seguirà le lezioni del Gesuita Padre Giovanni Maria Cornoldi che lasceranno un segno indelebile nella sua formazione dottrinale e spirituale.
Torna a Napoli in un momento che vede la città in forte fermento a seguito della crisi causata dalla perdita del suo ruolo di capitale. I numerosi gruppi cattolici locali sono combattuti tra spinte innovatrici e resistenze dottrinali causate dal timore che l’accentuato anticlericalismo del nuovo Stato liberale post-unitario, oltre ad abbattere il potere temporale del Papa e i residui privilegi ecclesiastici, possa tagliarli fuori da qualsiasi forma di iniziativa, politica e non.
Qui conosce il sacerdote Fabrizio D’Auria, che pubblica un giornale, La Campana del Mezzodì che si stampa a Scafati. Don Giuseppe ne diviene redattore-capo, dimostrando capacità dialettiche e vis polemica non comuni.
Ma la frequentazione di Fabrizio D’Auria non sarà delle più felici. Presto costui, oberato dai debiti, gli chiede di contribuire alla stampa del giornale costringendo Don Giuseppe a far ricorso, già nel 1891, ai prestiti del fratello Luigi, vincolando i beni avuti nel 1877 dal padre, come “sacro patrimonio”, al momento di prendere messa. Il D’Auria, inoltre, era stato, in un primo momento, fiancheggiatore e sostenitore delle iniziative, allora in corso, dell’Avv. Bartolo Longo per Veclificazione, nella Valle di Pompei, del Santuario intitolato alla Vergine del Rosario con le annesse opere assistenziali. In seguito, però, non riuscendo ad essere, in qualche modo, coinvolto nel grande giro finanziario che ruotava attorno a tale iniziativa, cambia la linea del giornale, divenendo uno dei più feroci e accaniti accusatori del futuro Beato.
Giuseppe Colacurcio non condivide il cambiamento di rotta: dà le dimissioni verso la fine del 1895 e, già ad anno nuovo, fonda un nuovo giornale il cui titolo ricalca quello da poco lasciato. Si chiama, infatti, La Campana dei Mattino. È probabile che lo stesso Bartolo Longo ne abbia finanziata la nascita. Di certo si sa che ne sostiene economicamente la diffusione. Coiacurcio ha frequenti contatti epistolari con lui e con la di lui consorte Contessa De Fusco, spesso per perorare la causa di bambini appartenenti a famiglie disagiate di Napoli perché possano essere accolti negli istituti che stanno sorgendo a Pompei.
Per questi contatti Don Giuseppe si serve, spesso, dell’amìcizia e dell’affetto di cui lo gratifica Padre Sisto Bonaura, Scolopio, uomo di grande spiritualità, Rettore delI’Istituto Calasanzio di Napoli, chiamato a Pompei dal Longo a dirigere l’Istituto dei figli dei carcerati. È proprio il Bonaura a dare al Colacurcio la possibilità di insegnare filosofia al Calasanzio.
I primi anni del nuovo secolo si annunciano molto proficui anche per la sua attività di autore nonché di editore. La Campana dei Mattino si era ritagliato uno spazio non trascurabile nella stampa cattolica napoletana. Avendo come sottotitolo quello di “rivista antispiritica”, prendeva spesso di mira i circoli esoterici molto diffusi nella Napoli di allora. Lo dimostra il fatto che sarà oggetto di attacchi da parte di altri giornali e specialmente da parte del quotidiano La Liberia.
Non tralascia però di svolgere attività di predicatore se ad invitarlo sono conoscenti ed amici. Come fa nel 1904 quando predica le “Quarantore” a Prata Principato Ultra perché invitato dal Prof. Alfonso Freda, Arciprete di quel Comune, suo amico e compagno di studi al Seminario di Avellino.
D’altronde a Prata era di casa da quando il padre si occupava dei beni feudali legati a quelli di S. Stefano. Era divenuto, cosi, intimo amico anche della famiglia del Sindaco D. Francesco Grillo.
Frutto di tali sermoni fu l’Eucarestia e la Ragione, forse la sua opera più importante, per la sistematicità dei temi storici, teologici e filosofici affrontati. Vero e proprio Trattato di ben 528 pagine, fu adottato come libro di testo nei Seminari.
Nel 1905 uscì Scienza o mistero? Ossia la genesi del meraviglioso attraverso I secoli, in cui si criticava la superstizione e la concezione paganeggiante ed anticristiana della realtà e si affrontavano tematiche quali il magnetismo, l’ipnotismo e lo spiritismo.
Nel 1914, in occasione dei festeggiamenti per il centenario della traslazione delle reliquie di S. Vito Martire, patrono del paese natio, pubblicò le Notizie storiche del Comune di Stefano del Sole mettendo a frutto le ricerche fatte in gioventù.
Purtroppo, era sempre a corto di quattrini per le spese che la pubblicazione del giornale comportava. Fu costretto, cosi, a cambiare spesso domicilio in diversi quartieri di Napoli, arrivando a risiedere nella stessa tipografia del giornale.
Quando la morte lo colse, nel 1920, viveva quasi in povertà e dei funerali si dovette occupare l’Arciconfraternita di S.Maria della Vittoria all’’Anticaglia, a due passi dall’Istituto Calasanzio.
Fonti:
– Oratoria, 1814 – 2014. 200 anni di storia … la nostra (articolo di Nicolino Farese), S. Stefano del Sole, agosto 2014.
A cura di Andrea Melillo